Era tutta una grande illusione. Ci speravo proprio tanto, e invece ho ancora dovuto soffrire una settimana. Dopo il lungo di una settimana fa, ho creduto che il peggio fosse passato. Ho dovuto ancora sudare. Sudare tanto. La mia speranza di correre ripetute di distanza maggiore, quindi a ritmi più lenti - più vicini al passo gara, cosa che riesco a fare molto bene (e anche con grande piacere) - si è infranta contro i consiglio del mio "coach". Che invece mi ha prescritto una sorta di fartlek.
Fartlek è una parola abbastanza comune nel linguaggio podistico. Deriva dallo svedese e significa qualcosa come "gioco di velocità". Non a caso, l'inventore di questo metodo di allenamento, assai comune tra i maratoneti, è proprio un allenatore svedese. Consiste nello svariare, alternando brevi tratti veloci a brevi tratti lenti. Ed è quello che ho più o meno fatto nelle due uscite settimanali, con risultati decisamente buoni, considerando la stanchezza degli ultimi giorni. Nella seconda di queste ho prestato più attenzione al cronometro che alla metodologia di allenamento, per valutare e valutarmi.
Con gli ultimi raggi di sole, tutti in faccia |
Davanti ai tramonti sul Meno, sempre meravigliosi in questo tratto di ciclovia, ho ottenuto performance decisamente importanti ed indicative. Nei nove tratti veloci da quattro minuti ho percorso qualcosa come dagli 0,97 agli 1,03 chilometri. Che in soldoni, o per la precisione, in linguaggio podistico, ho corso ripetute da quattro minuti ad un ritmo che variava dal minimo di 4'07"/km ad un massimo di di 3'53"/km. Correre un chilometro in meno di 4'/km (oh, sono sempre 15 chilometri orari) è per me qualcosa di assolutamente nuovo. Bene, molto bene.
Si arriva a casa che ormai è già notte, quando la città inizia a contrarsi, quando solo più la luce artificiale guida nel buio le ultime falcate. Stanco morto, ma felice. So che sono le ultime fatiche, prima di quella definitiva, LA fatica. Manca sempre di meno, ormai...
Bis bald!
Stefano
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