giovedì 12 febbraio 2015

Losche figure, settecento giorni dopo

Ciao a tutti!
Sono trascorsi quasi due anni dalla mia ultima escursione sulla neve. Era il marzo del 2013, quando mi recai munito di ciaspole al Lago di Malciaussia. Una vita fa. Avevo da poco accettato di tentare un'esperienza lavorativa in Germania. Avevo conosciuto da poco Giulia, e qualcosa tra noi stava già germogliando. Mi apprestavo (a una settimana di distanza) a correre la mia seconda maratona, in quel di Barcellona. Un'eternità. Sono esattamente settecento, quegli infiniti giorni.

Si cammina in mezzo a una foresta da fiaba

Ecco, potete capire cosa provavo nei momenti in cui mi sono trovato nuovamente a calpestare la neve. Da solo, io e la natura attorno a me. Sentieri interamente ricoperti dal manto nevoso, alberi come sfigurati dalle precipitazioni invernali, un sole che abbellisce tutto quanto. Pochi rumori, ma di quelli buoni: il disgelo della neve nei pochi anfratti lasciati a disposizione, qualche goccia che scende dalle fronde degli abeti e i miei scarponi che affondano nella neve. Sensazioni che sapevo di non aver perso ma che per troppo tempo sono state lontane.

Una firma sul libro di vetta

La Bayerisches Wald, che ci ha ospitato nel weekend appena trascorso, mi ha visto ritornare a camminare nella neve. Niente più grandi cime ma dolci colline, che spesso non superano i mille metri. Personalmente non credevo, prima di rendermi conto cosa fosse la Bayerisches Wald, di poter raggiungere una sommità, e magari trovare un gran panorama assieme al libro di vetta. Gradite sorprese, queste, che mi fanno rivalutare le alture tedesche, da me ribattezzate spesso come "colline" (in confronto alla mole delle nostre Alpi).

Un corridoio di abeti

Non parto di buon ora, come al solito e come si conviene per una vera uscita sulla neve. Accompagno Giulia sulle piste di Eck e da lì mi incammino anch'io. Scendo un pochino lungo la strada che collega Arrach ad Arnbruck, dalla macchina avevo intravisto un ottimo punto dal quale iniziare il cammino. Senza sapere dove andare. Una meta non c'è. Voglio solo godermi ciò che mi sta attorniando, il resto verrà da sé.
Inizio dunque a camminare su una carrareccia già battuta in precedenza da qualche altro escursionista, completamente immerso nel bosco, fino a raggiungere la pista da fondo che da Eck si dipana verso Bodenmais. Qui si cammina più rilassati - non si affonda mai - ma si deve dividere lo spazio con i fondisti. Poi intravedo un cartello che indica una possibile meta: Mühlriegel. Sotto un'altra targa parla di Spitze, cima. Sta a vedere che in quella direzione, e a breve distanza (cento metri circa) vi è la cima dell'altura che ho risalito?

Il percorso registrato con Garmin Connect

Così è. Per salirvi devo anche appoggiare le mani su qualche roccia, ma ciò che si presenta dopo vale lo sforzo. Nel bagliore del mezzogiorno, tutta la Zellertal è di fronte a me, completamente coperta dalla neve, dove le uniche schiazze scure sono i boschi della Bayerisches Wald. La cima è indicata da una croce in legno, eretta nel 1999. Una scatola in alluminio contiene il libro di vetta. DEVO lasciare un pensiero, una testimonianza, una frase che raccolga tutta la mia emozione. Alla mia sinistra c'è il Großer Arber, un buon motivo per tornare nella Bayerisches Wald; a destra le piste di Eck, per ricordarmi che è ora di scendere. Senza fretta, la discesa sarà veloce ma ciò che mi circonda deve stare a lungo negli occhi.

I loschi figuri

Perché alla fine della giornata ciò che mi rimane impresso non sono i panorami dal Mühlriegel, il piacere di una gradevole escursione (da troppo tempo aspettata), una giornata soleggiata come poche durante questo inverno. Ciò che mi porterò per sempre nel bagaglio dei ricordi, sarà questa foresta coperta di neve, la quale modella le forme della natura a suo piacimento, per creare un mondo parallelo, quello che spesso viene narrato nelle leggende della montagna. Ignaro di codeste favole, descrivo nella mia mente una foresta che prende vita sotto la neve, dove gli abeti diventano maghi, stregoni, draghi. La neve può allargare i confini dell'immaginazione, in me crea figure fantastiche, quasi spaventose. La neve può anche questo e la Bayerisches Wald, così solitaria e quieta non può che essere il palcoscenico ideale...

Un sole che buca la fitta trama di abeti...

Bis bald!
Stefano

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