martedì 5 luglio 2016

There's magic in the night

Ci sono forse parole per raccontare un concerto di Bruce Springsteen? Si può spiegare in qualche modo come ci sente durante e dopo un concerto di The Boss? Il rapporto, ai confini del viscerale, che si instaura tra il grande rocker del New Jersey e il suo pubblico trascende l'immaginabile. Il vortice di sensazioni che ti coinvolge in quelle quasi quattro ore di concerto è un incredibile miscela di energia, nostalgia, commozione, adrenalina. C'è tutto in un suo concerto. E quando lo vedi una volta, non puoi più essere lo stesso.

Let's rock! Bruce in Land of hope and dreams, prima canzone in scaletta

Fu per me così quattro anni fa, quando partecipai al mio primo concerto di Bruce Springsteen. Ai tempi non lo conoscevo ancora proprio bene, avevo ascoltato gli ultimi album ma la sua discografia degli anni Settanta e Ottanta mi era quasi sconosciuta - fatta eccezione per i classici. Sono parzialmente perdonato: io ho all'incirca la stessa età del suo album più famoso, Born in the U.S.A., uscito proprio un anno prima che io nascessi - correva l'anno 1984. Da quel momento la passione per questo cantante mi ha travolto, la sua musica mi accompagna nella preparazione delle maratone ed è come nei grandi giorni in alta via. Nei momenti importanti, Bruce c'è. E c'è stato anche il giorno del mio matrimonio. Inevitabile che fosse prioritaria per me la caccia al biglietto per la (prima) data milanese del The River Tour 2016, serie di concerti in cui celebra i trentacinque anni dall'uscita di The River, un altro album essenziale nella sua discografia. Un tour "strano", senza album a supporto, annunciato senza molto preavviso, ma non per questo meno seguito.

Uomo del popolo

Stavolta non sono più da solo sulla tribuna di San Siro, con me ci sono quattro persone speciali a condividere questa emozione. E a condividere pareri, opinioni, al termine della maratona musicale che è un concerto di Springsteen. Ognuno arriva a San Siro con una sua storia personale, privata e in qualche modo legata a The Boss.
Dario lo ascolta da una vita, ma per un motivo o per l'altro non è mai riuscito a trovare il biglietto per un suo concerto. Fortunatamente ci ha pensato sua moglie Sara a fargli questo regalo di compleanno, un sogno che si realizza, un giorno che non potrà mai più dimenticare. Ah, se Dario un giorno non mi avesse passato il CD di The Rising durante la pausa pranzo dell'università, probabilmente non sarei neanche qui a raccontare del concerto di domenica.
Non so che cosa leghi invece Barbara a Francesca a Bruce Springsteen. Ma la loro emozione è palpabile. È il salto nel tempo: trentuno anni fa loro c'erano a San Siro, durante il primo concerto in Italia di Springsteen. E chi c'era quel giorno tramanda sempre che fu qualcosa di leggendario.

A due ore dall'inizio!

Un concerto è un concerto: ma un suo concerto è un'altra cosa. Prendiamo la durata: quasi quattro ore ININTERROTTE di musica. Chi altro le fa? Ligabue (presente ieri a San Siro, a quanto pare), due anni fa, concerto meraviglioso, ma... due ore, per altro intervallate, e basta. Ma a tanti altri gruppi non piace spingersi oltre due ore/due ore e mezza di concerto. Bruce, che viaggia verso i 67 anni, invece no: quasi quattro ore di musica sul palco, un animale da stadio.
Che, personalmente, mi accende in canzoni come Born to run, Out in the street, Darlington County, The rising o la famosa Born in the U.S.A., in cui non canta, ma urla le canzoni, con una grinta fuori dal comune. Questa passione accende la folla, ed essa risponde con altrettanto calore.

I sogni vivono stanotte (© Mathias Marchioni)

San Siro è un tempio del calcio ma lo è anche della musica. Tutti i concerti più leggendari tenutisi in Italia passano di qua: Bob Marley, Madonna, Michael Jackson, Bob Marley, David Bowie, U2, Muse sono alcuni tra i cantanti e le band che si sono esibite a San Siro. Ma come dimenticare il concerto del 21 giugno 1985? Sarà proprio questa data a far sbocciare la relazione di amore oggi più che mai attuale tra Springsteen e il Bel Paese. Ventotto brani, più di sessanta-settantamila fan in visibilio. Un trionfo.

Un uomo con la sua Fender Telecaster

Per passare poi al 28 giugno 2003, che lo stesso Bruce Springsteen annovera come uno dei suoi concerti più belli di sempre: «Dopo un paio di canzoni è venuto giù uno dei diluvi più incredibili che abbia mai visto. Eravamo sul punto di smettere, anche perché eravamo preoccupati che un fulmine centrasse l'impianto elettrico. Ma non uno di voi sessantamila pazzi italiani s'è mosso di un centimetro, e così abbiamo continuato e ne è venuto fuori quello che io considero uno dei migliori cinque concerti della mia vita.» Cercate Waitin' on a sunny day e "San Siro 2003" su YouTube: troverete un Bruce Springsteen cantare con gioia infinita questa canzone sotto uno spaventoso diluvio di proporzioni bibliche. E i suoi fan... scatenati sotto il palco!
Ed è Bruce stesso a sottolinearlo in concerto: Milano è una città speciale per lui e la sua band. Quella di domenica, è stata la sua sesta esibizione a San Siro.

Dentro San Siro

Ma non è solo il rock più puro che fa tremare San Siro. Anche le melodie di ballate come The River, Jungleland e Indipendence day, fanno vibrare gli animi più sensibili presenti ieri a Milano. Alcuni sono arrivati a piangere. Una canzone, una canzone bella, che effetto può avere dentro di noi? Potrebbe essere legata ad un ricordo, ad una storia d'amore, ad un amico, ad un aneddoto lontano decenni, ad un caro che non c'è più. Alla gioventù. Molti dei presenti ieri a San Siro sono persone che superano i quarant'anni. Come è normale e giusto che sia. Ma Bruce è un cantante che unisce le generazioni. Sulla metropolitana verso San Siro, ho visto famiglie, in cui i genitori hanno trapiantato la cieca fede per Springsteen ai loro figli. Ho visto ragazzine ansiose di vedere The Boss, con un entusiasmo tale che si potrebbe pensarle dirette ad un concerto di Justin Bieber. Tanti volti, tante età, tanti modi di reagire ai pezzi più commoventi: c'è chi se ne sta in religioso silenzio (come me), c'è chi scoppia in lacrime.

A furor di popolo

Bruce Springsteen per alcuni fan è considerato alla stregua di una divinità. E i suoi seguaci sono quasi come una confraternita. Arrivano da tutto il mondo ad ogni suo concerto, lo seguono in buona parte delle sue date. A detta della signora dell'albergo milanese presso il quale ho pernottato durante questo fine settimana, ci sono fan dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti! E allo stadio... ci sono persone che vestono magliette visibilmente consunte risalenti al Born in the U.S.A. Tour, altri che mostrano con orgoglio tatuaggi con l'icona di Springsteen sui bicipiti.
Poi ci sono quei fortunati che questo concerto non se lo dimenticheranno mai, come i/le giovani che Bruce ha portato con sé sul palco per suonare e cantare Dancing in the dark con Bruce e la E-Street Band. Bruce Springsteen, vox populi.

Quattro improvvisati chitarristi

Un concerto di Springsteen, come quello di domenica, è tante anime fuse tra loro in un unico vortice di musica. Nelle quasi quattro ore di show ci trovi il riassunto di una discografia immensa, ci trovi tutto lo spirito della working class hero di cui Bruce Springsteen è il miglior esponente. Ci trovi il sogno americano di Land of hope and dreams, sogno che è fatto del duro sacrificio raccontato in Jackson cage e Badlands ma anche della speranza cantata in Lucky town, infine del trionfo in The rising. Ci trovi storie di sentimento, a volte crudele, come in The river, a volte nascosto, come in Indipendence day, a volte dolcissimo, come in Sherry darling.

Luci a San Siro

L'apoteosi arriva quando si accendono i riflettori di San Siro. Ci siamo, è il momento, Bruce sta per iniziare i "bis", con la doppietta Born in the U.S.A. + Born to run. Delirio totale, non potrebbe essere altrimenti, per questi due pezzi leggendari. Bruce non vorrebbe mai andarsene dal palco, e il siparietto con Little Steven lo spiega bene a tutto il pubblico. Bruce non vorrebbe mai lasciare il suo popolo, ma ahimè, arriva il momento in cui deve salutarlo. Non prima di una esecuzione acustica di Thunder road. Questa si che lascia il segno.

Con Jake Clemons e Little Steven

E al termine, quando anche lui scompare nel dietro le quinte, rimane una grande nostalgia. Perché lo spettacolo è appena finito, sei stanco perché hai ballato per quattro ore, sei senza voce perché già dopo la prima canzone non ne avevi più, figurarsi dopo... Ma come vorresti che tutto ricominciasse dall'inizio!
Non possiamo che confidare in un suo nuovo album, un suo nuovo tour, una nuova esibizione in Italia (magari a San Siro...), un concerto il più presto possibile, insomma... Lunga vita a Bruce Springsteen!

Bruce e la E-Street Band ai saluti

"When I'm out in the street, I walk the way I wanna walk
when I'm out in the street, I talk the way I wanna talk
when I'm out in the street, when I'm out in the street"
Bruce Springsteen, Out in the street

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