venerdì 9 ottobre 2015

Direzione Ponte Vecchio: cielo grigio su, la pioggia giù

Quando quasi tre anni fa portai a termine la prima maratona, a Torino, vivevo ancora in Italia e avevo modo di contagiare chi mi stava attorno con i miei racconti. Di come fosse meraviglioso alzarsi alle 5.30 per correre le ripetute nella notte oppure svolgere allenamenti da oltre trenta chilometri. Qualcuno tra i miei amici e conoscenti ha provato, per breve tempo, a lasciarsi travolgere da questa mia passione. Ma nel 95% dei casi non ha funzionato. Perché? Perché la corsa è un sentimento. E come tutti i sentimenti, o ci sono o non ci sono.
È quello che ho pensato martedì quando ho cominciato la "fase due" dell'allenamento in vista della Firenze Marathon, in cui lascio le ripetute in salita per ritrovare le ripetute in piano. È di nuovo ora di 30-20-10, un tipo di allenamento molto redditizio ma anche dispendioso fisicamente e mentalmente. Ricominciare sotto un diluvio non è proprio il massimo. Eppure, nel pomeriggio di martedì, questa era la proposta di un cielo più che plumbeo. Gocce fitte e grasse, prendere o lasciare. È in questi momenti, in cui c'è da decidere se prendersi o meno un acquazzone memorabile, che si comprende come la corsa sia veramente un sentimento, un amore che nella maratona rasenta la follia.

La pioggia che affossa le gambe (fonte: matteoraimondi.altervista.org)

Decido dunque di uscire per l'allenamento previsto. L'impatto è di quelli forti. La pioggia non fa male ma si sente. Sono quasi le 18 - i negozi stanno per chiudere - e la poca gente ancora in giro per Schweinfurt mi guarda stranita. Che ci farà mai 'sto pazzo qui a correre sotto la pioggia, per di più con un berretto in testa (che in realtà uso per evitare che la pioggia dia fastidio agli occhi)? Non lo posso sapere ma immagino che pure gli automobilisti che mi vedono in attesa del verde al semaforo pensino all'incarica la medesima cosa: ma chi glielo fa fare?
Arrivo alla Mainradweg, in un posto finalmente tranquillo, lontano da sguardi di stupore. La visuale è di un grigiore senza precedenti. Il cielo, che non si capisce se è coperto da nebbia o da nubi, è grigio. Il fiume Meno, pure. Alle sue rive si trovano due enormi edifici, due blocchi di cemento, l'Ostello della Gioventù e il mulino Cramer, anch'essi grigi. In un tale contesto anche gli alberi pare abbiano perso la loro colorazione...
Quando inizio le accelerazioni la pioggia si intensifica. Sono dieci minuti difficili, in cui accelero e rallento con un occhio puntato sul cronometro. E schivo pozzanghere. Ma è inutile, le mie calzature sono già intrise di pioggia. Al Mainberg l'intensità delle precipitazioni diminuisce e allora guardo in che stato sono. La maglietta è un tutt'uno col corpo, la strizzo un po' per alleggerirla... ma quanta acqua ho preso??? Da lì fino a fine allenamento non avrò più a che fare con la pioggia, piuttosto con una macchina della polizia. Chissà che devono aver pensato all'interno...
Nelle quattro ripetute da otto minuti percorro in ordine queste distanze: 1.94-1.95-1.90-1.88 chilometri a ripetuta, distanze in linea con quelle di sei mesi fa. Non male per essere all'inizio delle settimane delle ripetute, non male se fatte sotto il diluvio. Cosa rimane di questa sessione un po' pazza? Rimane il ricordo di un'esperienza...purificante. Per quanto scomodo e fastidioso possa essere correre sotto l'acqua, un allenamento nel bel mezzo di un diluvio è una bella scarica di adrenalina...
Bis bald!
Stefano

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