lunedì 24 ottobre 2016

Creta on the road: sui saliscendi dell'Innahórion

Una delle migliori esperienze che si possano fare a Creta, soprattutto nella selvaggia estremità occidentale, è sedersi in auto e consumare gomme e carburante lungo le strade che attraversano l'isola più grande della Grecia. Nazione europea, la Grecia, sulle cui strade un'esperienza di guida ridefinisce il concetto stesso di Europa. Tutto ciò che si può osservare su una strada cretese non ha nulla a che fare con il continente. Creta è un mondo a parte e bastano pochi chilometri in automobile per rendersene conto, soprattutto quando ci si inoltra nell'entro terra. Non un altro mondo, ma proprio un altro pianeta.
Disegniamo un itinerario da percorrere in automobile, in senso antiorario, molto ragionato e ricco di notevoli spunti: spiagge, viste panoramiche, villaggi sperduti, passaggi tra monti impervi e gole scoscese. Tutto questo è il settore più occidentale di Creta, soprattutto nelle aree dell'Innahórion e dei Lefka Ori.

Salutando Paleóhora

Dopo aver lasciato la costa settentrionale, con la nostra BMW presa in affitto per la nostra settimana a Creta, si inizia a guadagnare quota molto in fretta. E altrettanto velocemente si scopre come la realtà dell'interno dell'isola sia assai diversa da quella più curata della costa. Addio rettilinei, asfalto curato e panorami piatti. La strada diventa un inno alla tortuosità, sulla qualità dell'asfalto muovo più di un dubbio. E i panorami... quelli sì che sono superbi. Appena lasciamo Platanos si apre una strada dalle continue curve e controcurve, in cui ogni svolta è un punto panoramico sulle coste di Falásarna. Ogni svolta è purtroppo anche una buona scusa per i cretesi per ammassare rifiuti di ogni genere, meglio se ingombranti. Ma con gli occhi noi tiriamo dritti e ci facciamo ammaliare dal bianco litorale di Falásarna.

205 chilometri dentro Creta, e 6000 metri di saliscendi

Scendendo verso Sfinári, la prima delle due spiagge che incontriamo nella nostro itinerario "on the road", ho come la sensazione che la strada non salga naturalmente lungo i declivi, ma debba cercare con la forza la sua direzione. Nella roccia, tra gli ulivi, a forza di tornanti e strettoie. Sui quali abbondano i kandylakia, le tipiche edicole votive disseminate lungo tutta la rete viaria cretese. Dalle più spartane alla più decorate, i meravigliosi kandylakia sono la più evidente modalità di espressione della fede dei cretesi, che con queste piccole costruzioni ringraziano un santo, o il loro dio, per un incidente scampato (e su queste strade, capisco perfettamente).

I kandylakia, quanti ne abbiamo incrociati

Sfinári è innanzitutto la sua placida spiaggia, tranquilla, fuori dai circuiti turistici dell'area che affollano i litorali di Balos, ElafonisiFalásarna. L'acqua che qui si infrange su milioni di ciottoli grigi e neri invita ad una sosta dopo una quarantina di chilometri stupendi ma nervosi. Ad invitarci ci sarebbero anche le taverne affacciate sul mare, ma è ancora prima mattina...
La strada che da Sfinári raggiunge Kampos e i villaggi dell'Innahórion è un capolavoro dell'ingegneria stradale (e che richiede molta manutenzione), le scogliere sono costantemente tagliate per permettere la circolazione delle automobili e regalare ai viaggiatori un costante panorama sull'estremità occidentale della costa cretese, verticalissima e selvaggia. I tornanti non si contano più e con essi anche kandylakia e altre cappelle, di dimensioni ben più grandi, costruite in onore di santi. Dove si trova un cartello con scritto Αγία (Agia, santo) è garantito che ci sia una qualche chiesetta o cappella dedicata ad un qualche santo. Il senso della fede a Creta è elevatissimo, forse come ho mai visto da nessuna altra parte.

Giusto qualche tornante...

Un esempio di quanto sia importante la fede a Creta lo scopro ad Amygdalokefáli, paese posto su un brullo sperone di roccia, con una imponente vista sul mare. È un paese fantasma, a prima vista, apparentemente lasciato all'incuria del tempo, in cui le case sfasciate vengono involontariamente nascoste dal proliferare degli ulivi. Ma la chiesa no, quella la si vede benissimo ed è meravigliosamente curata.
Un altro paese circondato da ulivi è Pappadianá. In questo villaggio decidiamo di fermarci per provare a immergerci veramente nell'atmosfera pittoresca dell'Innáhorion. Anche qui l'unica traccia di cura del proprio vivere la troviamo nella piccola piazzetta della chiesa. La chiesa non si discute, a Creta. Il resto è un intricato labirinto di strettissimi vicoli che si dipanano tra case diroccate ma sempre verniciate di quel bianco brillante che è essenziale per proteggersi dalla calura estiva.

Esempio di quali siano le condizioni in cui versano le case di Creta

Nel cuore dell'Innáhorion

Kefáli è invece il villaggio più interessante dell'Innáhorion. Sempre limitato nelle dimensioni, Kefáli garantisce la presenza di numerose taverne e piccoli negozi che vendono i tipici prodotti locali cretesi (miele, olio d'oliva, liquori). Tutto condito da uno dei migliori panorami sulla costa, che qui dista già comunque numerosi chilometri.
Superate Kefáli, Perivólia e Loúchio percepiamo il grande potere del turismo a Creta. Se tutt'intorno le strade sono a pezzi, qui le strade, seppur tortuose, sono al limite della perfezione. Siamo sull'asse viario che conduce la lunga fila di bagnanti dalla costa settentrionale, turisticamente più ricettiva, verso la spiaggia dalle tonalità rosa di Elafonisi. Qui i trasporti devono funzionare, altrimenti i turisti non ci vengono proprio, a meno che siano individui alla ricerca di una piccola avventura, come noi. È triste dirlo, ma è così.

Vista su Falásarna

Dunque, fino al villaggio di Élos, la porta orientale dell'Innáhorion non ci sono problemi di viabilità, code a parte. Con la nostra BMW riprendiamo per un breve tratto la strada che porta a nord, ma la lasciamo presto per puntare senza esitazioni verso sud, verso Paleóhora. Nella salita verso Archontikó ci addentriamo finalmente nello spirito più selvaggio di Creta e del suo settore meridionale. Strade isolate che collegano villaggi ancora più solitari, tornanti che risalgono colline aride e che guadagnano velocemente altitudine. Finalmente, incontriamo la vera dominatrice delle strade cretesi: la capra. A Creta, soprattutto a sud, le capre, assieme alle pecore, pascolano a bordo strada, incuranti del traffico (che nell'interno nell'isola è comunque limitato). Non c'è automobile o clacson che la schiodi dal suo luogo di pascolo, è l'automobilista che deve sterzare per schivare le capre. Paesaggio brullo e ovini lungo la strada: ad Agia Pnevma, dove sorge anche un piccolo santuario ortodosso, troviamo uno dei più essenziali spaccati di Creta.

Ovini su carreggiata: a Creta anche questo è possibile

La discesa verso Paleóhora è un selvaggio e serpeggiante attraversamento di villaggi che sembrano più ghost town che veri e propri villaggi: Kamaterá, Voutás, Kontokinigi, Agia Triáda, fino ad arrivare al Mar Libico. A pochi chilometri da Paleóhora, finalmente compare il piccolo promontorio su cui sorge questa città celebre per il castello veneziano, posto al centro di quel lembo di terra che separa la spiaggia sabbiosa di Pahiá Ámmos e la spiaggia rocciosa di Halíkia. Dall'alto i miei occhi possono finalmente guardare un mare per me nuovo, un mare - per tanti altri - di speranza. Proprio a Paleóhora, l'anno scorso, Creta ha conosciuto il dramma dei migranti in fuga dalla guerra in Libia. Qualche disperato è arrivato anche qui, su un'isola che è tutt'altro che a portata di mano (quasi trecento chilometri).

Paleóhora dall'alto

Paleóhora, decisamente più città che villaggio, si dimostra una piacevole sorpresa. La sua spiaggia di sabbia è decisamente un'ottima meta per chi ama la "vita da spiaggia" tranquilla, senza caos e disordine. Ottime le possibilità di shopping marittimo, grazie ai tanti negozi nelle strette vie del centro. Superlativa l'offerta di taverne nel groviglio di vicoli: essendo ora di pranzo, non ci facciamo di certo sfuggire l'occasione, consumando un lauto pasto greco a base di moussaka e gyros, due tra i più classici piatti della cucina greca.
Ci mettiamo un po' ad uscire da Paleóhora, perché il dedalo di strade che la compone è veramente intricata. Quando finalmente ne usciamo, puntando nuovamente decisi verso l'interno, il cielo inizia a coprirsi di nuvole minacciose. E in queste condizioni, abbiamo scoperto un'immagine nuova, incupita ma non meno affascinante, di Creta.

Dentro Paleóhora

I paesi che incontriamo non sembrano solo villaggi spettrali ma sembrano popolati di leggende terribili e di incubi ricorrenti. Azogirés è uno di questi, ma non tanto per il villaggio in sé, piacevole, quanto per le gole di Ánydri e di Azogirés, luoghi che stimolano il più angosciante narrare popolare.
Quando arriviamo a Teménia, paese rinomato per i succhi di frutta secondo la nostra guida, rimaniamo interdetti per l'immobilismo di questo paese che ci appare solo un misterioso mucchio di case disabitate e avvolte dalla nebbia.
Maza, Rodováni, Agriles, Marália, Kampanós, Tsiskianá, Epanohóri: attraversiamo decine di questi villaggi, ma di persone ce ne sono pochine. Dove sono tutti? Gli indigeni non si fanno vedere, se non per qualche anziano seduto davanti all'uscio di casa. Le capre invece ci sono eccome. Più ovini che umani, a Creta. Cosa invece non manca sono i simboli religiosi. A Maza affianchiamo con la nostra automobile una bellissima chiesetta ortodossa, recentemente restaurata assieme al suo altrettanto folcloristico cimitero. Nella nebbia che circonda i pendii dei Lefka Ori, la bianca chiesetta di Maza vi si confonde pur rimanendo un saldo luogo dove trovare protezione, dalla pioggia e dai tormenti delle anime (cretesi).

Siamo a sud, dove i cartelli vengono crivellati dagli spari

Superiamo velocemente Agia Iríni, le cui famose gole richiederebbero più tempo e soprattutto attrezzatura adeguata per essere visitate. La nostra meta è Xylóscalo, l'avamposto situato all'ingresso delle altrettanto famose gole di Samariá. Creta è molto conosciuta dagli amanti del trekking per questi orridi lunghi molti chilometri, che si spingono dall'entroterra fino alla costa. Luoghi in cui l'isolamento è totale, in cui camminare diventa un'esperienza mistica, oltre che un viaggio in una natura che è rimasta protetta da altissime muraglie rocciose. Serve un equipaggiamento da montagna, che non abbiamo - ma promettiamo a noi stessi, che quando torneremo a Creta, porteremo con noi scarponi e bastoncini.
Il tempo è, ahimè, inclemente. Quando superiamo il paese di Vasilianá, per percorrere la strada ai piedi delle Apopigadi, il cielo è plumbeo. Non sapremo mai se è a causa del tempaccio o delle numerose pale eoliche ivi presenti, ma abbassando il finestrino, udiamo un sibilo lugubre, spettrale. La temperatura, ci comunica il computer di bordo (siamo a Creta, lo ricordo), si abbassa fino ad una decina di gradi. Poche macchine, un'infinità di pecore e di capre che pascolano. Non si sa bene cosa come pascolino, perché questo brullo territorio sembra così sterile...

Cielo grigio sotto le Apopigadi

Xylóscalo è la piccola frazione da cui si accede alle gole di Samariá. Da qui si dovrebbe poter ammirare questa forra, ma la nebbia ricopre tutto. L'ambiente circostante ha un che di macabro, tetro: un gruppo di turisti cerca invano con lo sguardo un qualcosa nella nebbia, qualche camminatore esce dalle gole, una coppia francese si rifugia con noi a bere qualcosa di caldo in un piccolo bar che sembra più un covo di eremiti, pastori e criminali clandestini, o di personaggi che sono tutte e tre le cose.
Niente gole di Samariá, dunque, la fortuna non ci assiste sul profilo meteorologico. Riprendiamo la via verso La Canea, verso il nostro alloggio. Ma non prima di attraversare un altro luogo incredibile, l'altipiano di Omalós, una enorme spianata dall'aspetto decisamente più fertile ma così isolata e racchiusa da una cornice di monti, luogo perfetto per il pascolo di capre e pecore, altrettanto ideale per ambientare le imprese delle guerre di ribellione dei cretesi.

Lákki

A proposito di ribellione, prima di ritrovare la via del Mar Egeo, incontriamo un altro paese che avrebbe molto da raccontare: è Lákki, un villaggio abbarbicato su una delle tante colline dell'entroterra, in cui spicca una notevole chiesa ortodossa. Questo è stato uno dei più fieri centri della resistenza, sia durante le guerre di indipendenza cretese contro i turchi, che durante la Seconda Guerra Mondiale. I volti degli anziani che trascorrono lentamente le loro ore al bar sono la migliore testimonianza di quanto orgoglioso sia questo popolo.
La strada scende, scende, e diventa quasi piatta. I paesi che ci separano dal mare sono i comuni delle arance, dei limoni, dei succhi di frutta più freschi che ci siano. Ma il tempo incerto e la notte che incombe ci invitano a tirare dritto verso il nostro alloggio. Trascorrere un giorno intero (o quasi) in macchina, oltre duecento chilometri di saliscendi continuo, possono sembrare prospettive poco allettanti. Ma non se si è a Creta. A Creta, un esperienza di guida su queste strade, tra questi monti e in questi villaggi, è un viaggio dentro il viaggio, un momento di grande intensità.
Bis bald!
Stefano

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