"Nell'aria c'era anche qualcosa di oscuro. L'avevo capito sui Monti Sibillini, dallo sguardo sibillino della banconiera dell'hotel Sibilla, un occhio fenicio - grigio con le pagliuzze d'oro - che, dal fondo di una penombra abitata da risa femminili e profumata di lenticchie e ragù, mi diceva: «Attento, stai entrando in terre arcane». E anche se fuori, sulla piana per Castelluccio, silenziosi deltaplani volavano su praterie sfolgoranti di sole e neve fresca, tutt'intorno posti come il Monte Utero, la Màcera di Morte o le gole dell'Infernaccio mi parlavano di negromanzia. Bastavano i loro nomi a dirmi che stavo sfiorando l'orlo dell'abisso. Non era solo la "larga, e orrenda, e spaventevole spelonca nominata Caverna della Sibilla" o il vicino Lago di Pilato, quello che
“extendit frigidus undas; quem Necromanctes, nocte, dieque petunt„. In una vecchia guida del luogo potevo leggere testi medioevali pieni di demoni, fate viaggianti, iniziazioni e fantastici voli notturni. Tutto ciò che riguardava quei monti era circondato da tali superlativi -
“immanis horribilisque specus„,
“altissimis vero in montibus qui praedictis oppidis e regione respondent summo in Appennino„ - che le parole perdevano il loro senso descrittivo per diventare litania, esorcismo."
Dieci anni fa Paolo Rumiz compiva il viaggio negli Appennini che avrebbe poi raccontato ne
La leggenda dei monti naviganti. Queste sono le righe dedicate ai Monti Sibillini, i luoghi che mercoledì sono stati funestati da violenti fenomeni sismici. Rumiz sembrava quasi "predire" ciò che sta succedendo in questi giorni tra Umbria e Marche, quando citava i demoni che popolano quest'area.
Ma il demone degli ultimi giorni è vero, reale, concreto. Assume le sembianze di un'onda distruttiva, il terremoto. Un mostro invisibile, che colpisce alla spalle, a tradimento. E non guarda in faccia niente e nessuno. E contro il quale non si può fare niente.
Si può solo sperare nella fine di quest'incubo. E da subito, iniziare a prevenire.
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