Inizio con una precisazione: quanto sto per scrivere si basa su quel poco che abbiamo avuto occasione di vedere nella nostra unica giornata trascorsa ad Expo. Il “poco” è dovuto alla vastità della manifestazione, che è impossibile da gustare pienamente in una sola giornata. Ci sono così tante cose che si possono visitare ad Expo2015, così tante persone e così tante code di fronte ai padiglioni, che poter dire di aver interamente vissuto Expo2015 è un eufemismo. D'altronde, parliamo di un evento realizzato su uno spazio espositivo di 110 ettari, in grado di contenere 250.000 persone al giorno, che coinvolge 145 nazioni in rappresentanza del 94% della popolazione mondiale. È qualcosa di così immenso per cui ogni giudizio basato sull'osservazione di fatti e cose nell'arco di una giornata di visita è piuttosto relativo. Credo che si debba essere milanesi o si debba pianificare una settimana di visite per poter dire di avere veramente vissuto Expo2015.
Meraviglia: l'Albero della Vita |
Cosa abbiamo visto ad Expo2015? Poco, niente, tanto, tutto: dipende dai punti di vista.
POCO, perché nel complesso abbiamo visitato dodici padiglioni “nazionali” su 53. Per la precisione: Austria, Azerbaigian, Gran Bretagna, Israele, Kuwait, Malesia, Nepal, Oman, Russia, Vietnam, includendo le visite parziali di Germania e Svizzera in parte ed escludendo l'inutilissimo Sudan. In più, la doverosa visita al Padiglione Zero (padiglione delle Nazioni Unite), che però non è un vero e proprio padiglione nazionale.
NIENTE, perché i padiglioni che nei primi mesi della manifestazione hanno raccolto il maggior consenso, per interesse e spettacolo (citerei Emirati Arabi Uniti, Giappone ed Italia), erano presi d'assalto dai visitatori: le due ore di coda per Emirati e Giappone e le – addirittura!!! – tre ore di coda per il Padiglione Italia ci hanno scoraggiati; non siamo venuti ad Expo2015 per metterci in coda, siamo venuti ad Expo2015 per ammirare la bellezza del mondo nella sua varietà e nelle sue infinite sfaccettature, pertanto l'abbiamo cercata altrove.
Il Palazzo Italia |
Dunque, direi che abbiamo visto MOLTO, perché, seppur nella sua piccola parte, ciò che abbiamo visitato è stato complessivamente assai piacevole, divertente e formativo. Abbiamo imparato che i paesi arabi appaiono arretrati solo in apparenza, siamo rimasti ammaliati dal folclore di un paese a noi semisconosciuto come l'Azerbaigian, le grandi capacità di un paese talvolta bistrattato come Israele, ci siamo fatti stregare dalle tradizioni e della cucina del Kuwait, abbiamo apprezzato le idee stilistiche di inglesi e russi.
E infine potrei affermare di aver visto TUTTO, in quanto abbiamo visto, quantomeno esternamente, tutti i padiglioni dei vari paesi ospitati ad Expo2015, i cosiddetti “self-built”. Le moderne strutture messe in piedi dai singoli stati, così diverse tra loro nelle forme e nei colori erano quasi tutte meravigliose, il loro stile riflette l'anima e il gusto di ogni singolo stato. Poterli osservare era una gran gioia per gli occhi e per l'anima.
Delusione? Non per me. Sono uscito da Expo2015 felice, conscio di aver trascorso una giornata veramente «in mezzo al mondo». C'è veramente tanta bellezza in questo palcoscenico, che merita di essere ammirata. Ciò che colpisce di più in primo luogo è il Cardo, il lungo viale di un chilometro e mezzo, vero asso portante di Expo2015, lungo il quale sono dislocati i padiglioni nazionali ed i cluster tematici: la copertura progettata per il Cardo è una delle meraviglie di Expo2015. Le strutture e l'originalità stilistica dei padiglioni, tutti o quasi, non possono non colpire i visitatori, catapultati in una realtà dal design estremizzato. Le nazioni si sono veramente messe in gioco per mostrare al mondo il loro meglio, in un clima pacifico, nel vero spirito dell'Esposizione Internazionale. Poi c'è l'Albero della Vita che si, è davvero stupefacente, soprattutto nella sua versione notturna, fatta di giochi di luce e supportata da spettacoli musicali.
Certo, le diffidenze, gli scetticismi e alcune perplessità resteranno. La vicenda Expo è stata sulle bocche di tanti e di troppi per lungo tempo: le varie associazioni a delinquere smascherate, le polemiche per i ritardi accumulatisi durante i lavori, gli appalti e i subappalti, i costi per la costruzione e la gestione, i lavoratori sottoretribuiti (ma sarà poi vero?)… tutti argomenti di discussione che alla fine hanno in parte minato la credibilità di Expo2015, evento che dovrebbe servire a rilanciare il sistema-Italia. Solo una visita ad Expo2015 può realmente spazzare via tutte le malignità che hanno ruotato intorno a questa manifestazione.
Ma è tutto così perfetto ad Expo2015? Oh, no, affatto. Se globalmente è un'ottima manifestazione, qualche punto debole c'è. Il sito web di Expo non mi è parso di facile navigazione, discutibile la gestione dei parcheggi (dalla prenotazione online alla viabilità), la zona orientale impoverita di visitatori in quanto l'ingresso principale è sostanzialmente quello occidentale, ristoranti e bancarelle a prezzi a mio modo di vedere non eccessivi ma comunque sopra la media. Anche la questione degli assi portanti avrebbe potuto essere organizzata meglio, all'incantevole Cardo fa da contraltare un Decumano sul quale non bastano le aree espositive italiane per bilanciare l'immensità dell'altro asse di Expo2015.
E che dire dei cluster? All'apparenza uno dei più geniali elementi organizzativi di Expo2015 si è rivelato una delusione: le aree comuni predisposte secondo identità tematiche e tradizioni alimentari, nate come spazi di dialogo e di aggregazione per gli stati più poveri, che non potevano permettersi economicamente un proprio padiglione, si sono rivelate un'accozzaglia di mercatini spesso sconnessi dai loro intenti. Nel cluster del cacao abbiamo trovato bancarelle piene zeppe di cianfrusaglie, ma zero cioccolata. Per trovare la cioccolata bisognava andare nei padiglioni di Lindt e Perugina. E qui vengo all'altra nota stonata: le grandi compagnie (il mio dito è puntato su alcune di esse) dovevano proprio far parte di Expo? A McDonald's e Unilever non interessa nutrire il pianeta, a loro interessa nutrire i loro conti correnti.
Lo slogan di Expo2015 è “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ma è veramente lo sforzo comune di tutti “nutrire il pianeta”? Ecco, l'impressione che ho avuto nel visitare alcuni dei padiglioni presenti a Milano è che tutti i paesi ospitati si candidino a leader globale per trainare il pianeta Terra fuori dalla tragedia della fame e della malnutrizione, che tutte le nazioni più importanti si considerino le migliori per “potenziale per garantire la sicurezza alimentare del genere umano” (citazione del padiglione russo). Ecco, ma chi è infine che realmente si prende carico del problema e inizia a togliersi il paraocchi? I veri temi da approfondire, quelli relativi allo sbilanciamento tra l'Occidente e il Terzo Mondo, dello spreco di risorse alimentari, dell'avidità dei paesi più industrializzati sono stati scarsamente toccati. Forse perché non creano interesse o non suscitano stupore.
Tra i padiglioni visitati, forse solo il Padiglione Zero, bellissimo per carattere visionario e per significati, ma allo stesso tempo eccessivamente ampio e quindi in parte “spreco”, ha provato a toccare queste tematiche. E aggiungerei la Svizzera, che con la domanda «ce n'è per tutti?» e le quattro torri simbolicamente riempite di caffè, sale, acqua e mele, ha provato a sensibilizzare la platea sul tema dell'effettiva quantità di risorse a disposizione: ne possono prendere a volontà, sapendo che chi verrà dopo deve trovare qualcosa... Pur non avendoli visitati sono sicuro che Slow Food abbia provato coinvolgere i visitatori sulla problematica, mentre mi chiedo con quale faccia Stati Uniti e Cina possano parlare di agricoltura ed alimentazione sostenibile.
Cosa suggerirei a coloro che ad Expo2015 devono ancora andare (manca poco più di un mese alla fine)? Innanzitutto di arrivare presto, con la metropolitana, e fiondarsi in uno dei padiglioni con più calca già alla mattina (in sostanza uno tra Italia, Emirati Arabi Uniti, Giappone e Germania). Non fermarsi alle apparenze: il Nepal è stata una grande delusione nonostante promettesse molto bene. Tra i padiglioni che consiglio, meritano una menzione speciale quelli di Azerbaigian, un fantastico mix di tradizione locale e design; Israele, una visita multimediale e spettacolare; Kuwait, per scoprire usanze a noi totalmente sconosciute. E se fa caldo, anche una gita al padiglione austriaco: lì sarà sempre fresco... Consiglio ancora il Kuwait per una sosta gastronomica e raccomando di assistere ad uno spettacolo serale dell'Albero della Vita: imperdibile, emozionante, straordinario!
Rimpianti? Qualcuno. Il Padiglione Italia e quello tedesco rappresentano il meglio del nostro paese di origine e del paese in cui viviamo. Non vederli mi lascia con l'amaro in bocca, ma, ahimé, le code erano troppo lunghe. E poi, il padiglione brasiliano: la rete interattiva vista da fuori pare essere qualcosa di spettacolare.
Esco da Expo2015 con una domanda fissa in testa. Che ne sarà del dopo-Expo? Il mio sogno, una vera e propria utopia, sarebbe quella di vedere Expo2015 trasformato in un "museo del mondo". Ma è per l'appunto utopia e quindi mi dovrò accontentare della "cittadella dell'università e dell'innovazione". C'è chi venderà, come il Nepal, bisognoso di fondi per ricostruire dopo il terremoto che l'ha colpito. C'è chi sposterà e riconvertirà le proprie strutture sul proprio territorio, come la Repubblica Ceca e gli Emirati Arabi, o altrove, in beneficenza, come il Principato di Monaco che donerà la sua struttura al Burkina Faso. E tutto il resto? Spero che si salvi il più possibile di quanto si è visto ad Expo2015, lasciare tutta questa meraviglia nelle mani delle ruspe, sarebbe qualcosa di veramente inaccettabile e, soprattutto, sarebbe un grande spreco. Proprio quello che questa edizione di Expo2015 ha voluto provare a combattere...
Bis bald!
Stefano
Il Cardo, il lungo asse di Expo2015 |
Certo, le diffidenze, gli scetticismi e alcune perplessità resteranno. La vicenda Expo è stata sulle bocche di tanti e di troppi per lungo tempo: le varie associazioni a delinquere smascherate, le polemiche per i ritardi accumulatisi durante i lavori, gli appalti e i subappalti, i costi per la costruzione e la gestione, i lavoratori sottoretribuiti (ma sarà poi vero?)… tutti argomenti di discussione che alla fine hanno in parte minato la credibilità di Expo2015, evento che dovrebbe servire a rilanciare il sistema-Italia. Solo una visita ad Expo2015 può realmente spazzare via tutte le malignità che hanno ruotato intorno a questa manifestazione.
Mettete dei fiori sulle bici malesi |
Ma è tutto così perfetto ad Expo2015? Oh, no, affatto. Se globalmente è un'ottima manifestazione, qualche punto debole c'è. Il sito web di Expo non mi è parso di facile navigazione, discutibile la gestione dei parcheggi (dalla prenotazione online alla viabilità), la zona orientale impoverita di visitatori in quanto l'ingresso principale è sostanzialmente quello occidentale, ristoranti e bancarelle a prezzi a mio modo di vedere non eccessivi ma comunque sopra la media. Anche la questione degli assi portanti avrebbe potuto essere organizzata meglio, all'incantevole Cardo fa da contraltare un Decumano sul quale non bastano le aree espositive italiane per bilanciare l'immensità dell'altro asse di Expo2015.
Le bancarelle del Cardo: il macellaio |
E che dire dei cluster? All'apparenza uno dei più geniali elementi organizzativi di Expo2015 si è rivelato una delusione: le aree comuni predisposte secondo identità tematiche e tradizioni alimentari, nate come spazi di dialogo e di aggregazione per gli stati più poveri, che non potevano permettersi economicamente un proprio padiglione, si sono rivelate un'accozzaglia di mercatini spesso sconnessi dai loro intenti. Nel cluster del cacao abbiamo trovato bancarelle piene zeppe di cianfrusaglie, ma zero cioccolata. Per trovare la cioccolata bisognava andare nei padiglioni di Lindt e Perugina. E qui vengo all'altra nota stonata: le grandi compagnie (il mio dito è puntato su alcune di esse) dovevano proprio far parte di Expo? A McDonald's e Unilever non interessa nutrire il pianeta, a loro interessa nutrire i loro conti correnti.
L'omaggio russo a Mendeleev |
Lo slogan di Expo2015 è “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ma è veramente lo sforzo comune di tutti “nutrire il pianeta”? Ecco, l'impressione che ho avuto nel visitare alcuni dei padiglioni presenti a Milano è che tutti i paesi ospitati si candidino a leader globale per trainare il pianeta Terra fuori dalla tragedia della fame e della malnutrizione, che tutte le nazioni più importanti si considerino le migliori per “potenziale per garantire la sicurezza alimentare del genere umano” (citazione del padiglione russo). Ecco, ma chi è infine che realmente si prende carico del problema e inizia a togliersi il paraocchi? I veri temi da approfondire, quelli relativi allo sbilanciamento tra l'Occidente e il Terzo Mondo, dello spreco di risorse alimentari, dell'avidità dei paesi più industrializzati sono stati scarsamente toccati. Forse perché non creano interesse o non suscitano stupore.
Tra i padiglioni visitati, forse solo il Padiglione Zero, bellissimo per carattere visionario e per significati, ma allo stesso tempo eccessivamente ampio e quindi in parte “spreco”, ha provato a toccare queste tematiche. E aggiungerei la Svizzera, che con la domanda «ce n'è per tutti?» e le quattro torri simbolicamente riempite di caffè, sale, acqua e mele, ha provato a sensibilizzare la platea sul tema dell'effettiva quantità di risorse a disposizione: ne possono prendere a volontà, sapendo che chi verrà dopo deve trovare qualcosa... Pur non avendoli visitati sono sicuro che Slow Food abbia provato coinvolgere i visitatori sulla problematica, mentre mi chiedo con quale faccia Stati Uniti e Cina possano parlare di agricoltura ed alimentazione sostenibile.
Le visioni del Padiglione Zero |
Cosa suggerirei a coloro che ad Expo2015 devono ancora andare (manca poco più di un mese alla fine)? Innanzitutto di arrivare presto, con la metropolitana, e fiondarsi in uno dei padiglioni con più calca già alla mattina (in sostanza uno tra Italia, Emirati Arabi Uniti, Giappone e Germania). Non fermarsi alle apparenze: il Nepal è stata una grande delusione nonostante promettesse molto bene. Tra i padiglioni che consiglio, meritano una menzione speciale quelli di Azerbaigian, un fantastico mix di tradizione locale e design; Israele, una visita multimediale e spettacolare; Kuwait, per scoprire usanze a noi totalmente sconosciute. E se fa caldo, anche una gita al padiglione austriaco: lì sarà sempre fresco... Consiglio ancora il Kuwait per una sosta gastronomica e raccomando di assistere ad uno spettacolo serale dell'Albero della Vita: imperdibile, emozionante, straordinario!
Rimpianti? Qualcuno. Il Padiglione Italia e quello tedesco rappresentano il meglio del nostro paese di origine e del paese in cui viviamo. Non vederli mi lascia con l'amaro in bocca, ma, ahimé, le code erano troppo lunghe. E poi, il padiglione brasiliano: la rete interattiva vista da fuori pare essere qualcosa di spettacolare.
Gran Bretagna: l'alveare |
Esco da Expo2015 con una domanda fissa in testa. Che ne sarà del dopo-Expo? Il mio sogno, una vera e propria utopia, sarebbe quella di vedere Expo2015 trasformato in un "museo del mondo". Ma è per l'appunto utopia e quindi mi dovrò accontentare della "cittadella dell'università e dell'innovazione". C'è chi venderà, come il Nepal, bisognoso di fondi per ricostruire dopo il terremoto che l'ha colpito. C'è chi sposterà e riconvertirà le proprie strutture sul proprio territorio, come la Repubblica Ceca e gli Emirati Arabi, o altrove, in beneficenza, come il Principato di Monaco che donerà la sua struttura al Burkina Faso. E tutto il resto? Spero che si salvi il più possibile di quanto si è visto ad Expo2015, lasciare tutta questa meraviglia nelle mani delle ruspe, sarebbe qualcosa di veramente inaccettabile e, soprattutto, sarebbe un grande spreco. Proprio quello che questa edizione di Expo2015 ha voluto provare a combattere...
Bis bald!
Stefano
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