mercoledì 17 giugno 2015

All'ombra della Gran Becca: il Giro d'Italia a Cervinia

Ciao a tutti!
Forse è tardi, oramai si parla già di Tour de France, ma ho ancora voglia di parlare di Giro d'Italia, manifestazione che seguo da anni, prima in televisione e dopo (dal 2007) anche dal vivo. Ci tengo a farlo perché questa edizione ha un significato particolare per me.
Ho chiesto qualche giorno di ferie proprio per scendere in Italia nei giorni in cui il Giro transitava nelle mie regioni, Piemonte e Valle d'Aosta, che hanno ospitato due tra le più avvincenti tappe della manifestazione. La tappa valdostana ha visto il suo arrivo ancora una volta a Breuil-Cervinia, dopo 236 chilometri in cui i corridori hanno dovuto anche salire a Saint-Barthélemy e al Col de Saint-Pantaléon. Questa è senza dubbio una tappa simbolo del Giro, anche per il significato speciale che le viene attribuito: è l'edizione del 2015, quella in cui si festeggiano i 150 anni della prima salita alla cima del Cervino.

Ultimi chilometri di fatica per arrivare ai piedi del Cervino

Questa tappa è anche un occasione per abbinare un po' di trekking (mai perdere le buone abitudini) allo spettacolo del Giro d'Italia. Si lascia perdere un improbabile parcheggio in Cervinia per risalire a piedi la Valtournenche tramite il sentiero che dall'omonimo comune sale ai piedi del Cervino, in compagnia di Alberto ed Adriano. Costeggiamo il torrente Marmore per un po', risaliamo il gradino prima della diga di Perrères e arriviamo dunque a vedere la montagna delle montagne, il Cervino. Da lì, non è che una passeggiata di piacere fino a Cervinia.

L'arrivo di fronte alla Gran Becca

Cervinia... addobbata come non mai ma come tante altre città quando vengono toccate dalla corsa rosa. Tutto è rosa, tutto parla del Giro d'Italia, tutte le vie sono monopolizzate dall'evento. L'aria di festa non è solo quella delle grandi occasioni, come l'arrivo di una tappa del Giro, che è una festa ovunque essa sia, ma anche perché sono vicini i festeggiamenti per il centocinquantesimo anniversario delle scalate di Whymper e Carrel. La piramide che simboleggia la montagna più ambita di ogni alpinista è un emblema presente ovunque, per le strade di Cervinia.
E la linea d'arrivo, posta nella centralissima Via Guido Rey, da dove è più che imponente la mole del Cervino, toglie il fiato. Chissà come si sentiranno i corridori, che di fiato in quel momento ne avranno già poco...

Giro è... una 500 rosa

Pranzo sotto il Cervino (a quest'ora ancora stranamente senza nuvole...), una piccola gita al Lago Blu, che è una tappa quasi irrinunciabile, e poi ci piazziamo a poco più di due chilometri dal traguardo. Ci troviamo alla fine dell'ultimo tratto ripido di salita, qui la pendenza sarà intorno al 6% e non è più massacrante come all'ingresso del capoluogo di Valtournenche, quando si tocca il 12%. Qui la salita sarà ormai finita. Se si arriva in un gruppetto, è quasi scontata la volata; se ci si arriva in testa da soli, è assai improbabile che si venga ripresi.
Qui, inoltre, non vi è il caos dei due ambitissimi tornanti prima della galleria di Perrères e nemmeno la confusione della zona transennata. Possiamo anche fare un piccolo riposino in attesa che la carovana del Giro ci svegli. Volendo, qui c'è anche lo spazio per correre fianco a fianco con i più forti. Io preferisco sostenerli con la voce e amo fotografarli, ma chi lo può dire, magari un giorno ci proverò, anche sfruttando i miei trascorsi podistici.

Il conquistatore di Cervinia, Fabio Aru

Quando la carovana pubblicitaria (che negli anni ha capito di doversi allineare sempre di più a quella del Tour de France) sta per arrivare a Cervinia, vuol dire che manca un'ora circa al passaggio dei corridori. Le prime voci iniziano a susseguirsi sullo svolgimento della tappa. Le speranze sono tutte per un corridore italiano e soprattutto per Fabio Aru, il giovane scalatore sardo che fa ben sperare per il futuro del ciclismo tricolore nelle corse a tappe. Tutti sperano in un suo attacco, ben sapendo che per strappare la maglia rosa di Alberto Contador ci va un'impresa.

Il gruppo della maglia rosa Contador

Ma l'impresa la fa ugualmente. Tra i tifosi attorno a noi serpeggiano alcune voci, poi tramite la mia radio, il cui collegamento è piuttosto scadente (ma si sa, in alta montagna è così), ottengo la conferma che Aru è scattato in faccia a tutti quanti e ha fatto il vuoto.
Quando passa è il delirio. È a tutta, fa una fatica incredibile e si vede, la sua espressione è ornata delle smorfie che l'hanno ormai reso celebre sulle strade del Giro d'Italia, ma la vuole portare a casa, questa tappa. E così farà. Ci prova Hesjedal, a starci dietro, ma Aru è superiore a tutti, sulla salita di Cervinia. Dopo poco più di un minuto passa il gruppetto di Contador. Ben altra immagine: espressione riposata e movenze eleganti sulla bicicletta. Sembra quasi non abbia pedalato.

Fotoricordo da Breuil-Cervinia

I più forti passano, noi iniziamo la discesa incrociando seconde linee e gregari. Che fatica sui volti di questi ragazzi. Più di duecento chilometri di strada e tre chilometri e mezzo di dislivello da compiere. Dopo aver già completato altre diciotto tappe. La stanchezza è ben evidente nelle facce e nelle espressioni dei corridori.
La loro fortuna - e come sostengo da quando iniziai a girare Italia e Francia per assistere dal vivo alle corse ciclistiche più belle, anche dell'intero movimento ciclistico - è tutta nell'enorme calore che i tifosi, indigeni o giunti da ogni parte del mondo, dimostrano lungo questi chilometri di asfalto. C'è un sostegno, una passione, che è difficile da raccontare, da trasmettere e da comprendere. Questa è l'anima del Giro. Sommata alle meraviglie di questo paese, la rende veramente... uno spettacolo nello spettacolo.
Bis bald!
Stefano

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