giovedì 18 luglio 2013

Freccia gialla sulla Luna

Ciao a tutti!
Non potevo che trovare oggi la migliore ispirazione per il post in cui racconto l'avventura in Francia di domenica, in occasione dell'arrivo del Tour de France sul Mont Ventoux. L'avevo già scritto, domenica, che saremmo stati laggiù, in cima al Gigante della Provenza (vedi post). Ed ora, proprio a pochi minuti dal termine dello spettacolare tappone alpino con l'arrivo a L'Alpe-d'Huez, arriva il momento di raccontare tutto, di narrare il grande spettacolo della Grande Boucle.

Re del Tour e del Ventoux: è la maglia gialla Christopher Froome a trionfare sul Gigante della Provenza

Partenza da Airasca alle ore 5, con me i compagni di sempre durante le corse ciclistiche, Daniele e Davide, più la new entry Fabrizio. La levataccia è faticosa, ma dopo sette anni di viaggi al seguito del Giro d'Italia e del Tour de France, so bene che sono tutti sforzi che valgono la pena. Soprattutto quando si parla del Tour, dove il ciclismo sembra quasi essere lo spettacolo che diventa contorno del vero show, ossia la grande folla che attornia le strade di Francia.

Tra le ginestre lungo la discesa del Col de Macuègne, spunta lui, il Mont Ventoux


Il viaggio per arrivare a Sault è veramente lungo, si impiegano dalle cinque alle sei ore di auto. Fortuna che ci pensano i miei compagni di avventura ad allietare la trasferta, con le stupide battute di Davide o rivisitazioni dei nostri film preferiti, Fantozzi su tutti. Senza dimenticare i momenti revival della prima trasferta al Ventoux nel 2009, quando il solito idiota di turno pensava (puntando su anche qualche euro) che un banale canale ghiaioso fosse il leggendario gigante della Provenza, che ridere... Anch'io non scherzo, comunque. Sono convinto di essere andato solo l'anno scorso sul Ventoux: sono sempre lì a dire "l'anno scorso"...ma era quattro anni fa.

Il paesaggio "lunare" del Ventoux: solo pietre bianche in vetta


Si devono salire due passi, Sestriere e Montgenèvre, per arrivare a Briançon. Nella città delle famose fortificazioni di Vauban, comincia l'infinito tratto tratto di strada che conduce a Sisteron, attraversando buona parte della valle della Durance. Da Sisteron ci si immette nella valle dello Jabron: qui il paesaggio cambia completamente. Si passa in quella che è la vera Provenza; le montagne sono spoglie, i campi di lavanda sono in fiore e lungo le strade si ammirano le tipiche case dai mattoni chiari. Una vacanzina in Provenza è da segnare sul taccuino delle cose da fare in futuro. La stretta vallata che conduce a Sault sembra non finire mai, ma quando sono circa le 10, arriviamo finalmente allo stretto incrocio con un segnale "Mont Ventoux, 26".


Due grandi sconfitti dal Ventoux: il plurivincitore della Grande Boucle Alberto Contador e la maglia a pois Pierre Rolland


Da lì inizia il lungo tratto che in teoria porta a Le Chalet-Reynard. Questa località si trova a poco più di sei chilometri dall'arrivo; fin lì non si riesce ad arrivare, vuoi per motivi logistici (tratto di strada già chiuso dalla sera precedente), vuoi per motivi di folla. Il Mont Ventoux è una delle salite simbolo del Tour de France, la sua cima spoglia affascina tanti tifosi, lassù si è scritta la storia e solo i grandi hanno vinto. Non è facile parcheggiare: tra gendarmi, macchine in ogni dove e tifosi già deliranti, riesco a fare le giuste manovre per riuscire ad infilare la mia Meriva nella migliore fessura possibile.


I migliori esempi di bomberismo da Tour de France

Il tratto di strada percorso a piedi fino a Le Chalet-Reynard non è sicuramente esaltante, ma sono i chilometri che servono per giungere ai piedi del Ventoux. Si fa in fretta a capire quando si sta per entrare nella mitica strada che da Bédoin porta in cima al "Géant de Provence": la folla aumenta, iniziano a vedersi i primi gendarmi. E poi, si vede in lontananza l'osservatorio meteorologico in cima, quello che dà al Ventoux la sua famosa skyline.

Il regno delle Union Jack

Da quel momento inizia la grande festa che contraddistingue il Tour de France, ovunque si vada: bandiere di ogni nazione (quest'anno forte prevalenza per la britannica Union Jack, a dimostrare tutto il grande tifo inglese per la maglia gialla Christopher Froome), alcol a litri, camper addobbati con i vari colori delle maglie del Tour, bimbi che si divertono a colorare con i pastelli il nero asfalto del Ventoux. Famiglie iperorganizzate che grigliano lì, sul ciglio della strada, tifosi vestiti nei modi più strampalati, classici esempi di bomberismo. Ma l'Oscar ai migliori tifosi lo do sicuramente ai tifosi tedeschi di Rothenbuch (piccolo comune bavarese di poco più di duemila abitanti), cinque attempati suonatori che diventano una vera orchestra alimentata a litri di birra (vedi foto sotto). E un plauso va doveroso anche ai tifosi di Cadel Evans: nonostante il loro beniamino non sia in forma e fuori classifica, loro sono sempre lì ad applaudirlo e a sostenerlo.

Direttamente dalla Baviera, i tifosi più pazzi del Ventoux


E poi, ciclisti, ciclisti,ancora ciclisti. Tantissimi, a voler salire su quella montagna per poter tornare a casa e dire "Io ce l'ho fatta a salire laggiù!". Migliaia le bici in cima; se devo essere sincero, creano anche non pochi problemi, ma come vietare ad un appassionato della bici di arrivare sull'asperità che ha reso leggenda il più grande scalatore di sempre, Marco Pantani...

Anche sul Mont Ventoux, si risponde PRESENTI!


La salita prosegue divertita, è impossibile non sorridere di fronte ai variopinti e a tratti imbarazzanti costumi dei tifosi. C'è divertimento anche per un novizio dell'ambiente ciclistico come Fabrizio, nonostante soffra i chilometri di ascesa. Non solo folklore: quando ci si avvicina ai tre chilometri dall'arrivo, è la nuda pietra del Ventoux che rende magico tutto: la vegetazione è pressoché nulla, solo qualche sparuto cespuglio o qualche fiorellino diventano gli ultimi residui di flora presente. Solo pietra. Un deserto di pietre bianco-grigie. Sembra di stare sulla Luna, è un panorama unico: non a caso, è stata nominata "riserva di biosfera" dall'UNESCO.

Ancora lunga la strada per il Gigante...


L'arrivo sul Ventoux è sempre un'emozione per chi, come me, ha scoperto questo isolato monte quasi tredici anni fa (era il 13 luglio 2000) quando Marco Pantani, dopo un'azione epica, superò sulla linea d'arrivo Lance Armstrong. Vedere quell'ultimo tornante, con l'arrivo sullo sfondo è ossigeno per ogni tifoso di ciclismo, proprio lì dove l'ossigeno scarseggia eccome.
Non è facile trovare un posticino per poter osservare in posizione privilegiata l'arrivo della tappa. Siamo fortunatissimi a trovare uno spazio a circa 150 metri dall'arrivo. Più di così era obiettivamente difficile. Ho pure lo spazio per stendermi un pochino a terra, per riposare le gambe. C'è da mettere in conto anche una dozzina di chilometri da fare a piedi fino alla macchina, e il viaggio di ritorno: un po' di riposo non può che far bene.

Certi costumi si commentano da sè: tutto il folklore del tifo del Tour de France in una sola foto


Il riposo però non può durare tanto: di lì a poco inizia il passaggio della carovana pubblicitaria del Tour de France. Una festa per tutti, dai piccoli ai grandi. Sempre molto gioiosa, ma quest'anno in misura minore. Pochi gadget lanciati, meno casino da parte degli sponsor stessi, se non per alcune solite eccezioni come Carrefour, Vittel e Cochonou. La tappa è molto veloce: quando la carovana sta per transitare sul Ventoux, il gruppo dei corridori si trova già sulle prime rampe della salita.

Tutta la fatica del Mont Ventoux sui volti di Peter Velits e Maxime Mederel


La tappa di oggi è una lunga cavalcata della maglia gialla, Christopher Froome, il keniano naturalizzato inglese che sta letteralmente sbaragliando la concorrenza in questa centesima edizione del Tour de France. Il mio pronostico andava per lui, e non mi sono sbagliato, tanto quanto avevo indovinato la vittoria di Vincenzo Nibali sulle Tre Cime di Lavaredo (vedi post del 26 maggio 2013). Facile indovinare, quando le premesse sono queste: è sicuramente lui il più forte in salita. Lo dimostra a sette chilometri all'arrivo, quando fa il vuoto con una delle sue accelerazioni staccando tutti. Solo il funambolico scalatore colombiano Nairo Quintana riesce a rimanere alla sua ruota. Solo per qualche chilometro, poi Froome fa il vuoto e arriva ad alzare le braccia al cielo in totale solitudine, in mezzo ad una folla festante.
Ho denotato un bel sentimento del popolo del ciclismo nei confronti di questo ragazzo che ha lottato per sudare in bici, lui che solo qualche anno fa non aveva neanche un contratto con una squadra e ora combatte per conquistare un posto nell'albo d'oro della Grande Boucle: è una persona umile ma non disdegna mai di attaccare e di dimostrare la voglia di arrivare per primo. Un bel personaggio, può diventare un punto di riferimento per le corse a tappe. Un grande professionista: impressionante la sua magrezza e la facilità di pedalata in salita: non è un caso che quando la strada sale, sia il numero uno. Personalmente, mi auguro di vederlo il prossimo anno a combattere con il nostro Vincenzo Nibali per la vittoria del Tour de France.

Una lunga striscia di folla lungo le rampe del Mont Ventoux

Come sempre al Tour, il tifo non manca mai, per nessuno, francese, americano o giapponese. Si, ok, quando passa Thomas Voeckler, il beniamino dei francesi, c'è il boato, ma ogni corridore viene sostenuto da incitamenti continui. Io mi distinguo un po' dalla massa e quando passano Alberto Contador ed Andy Schleck un bel "dopato!" non glielo risparmio.
Mi piacerebbe tornare con un post sull'argomento doping, proprio ora che vengono discusse le prestazioni di Froome e la nazionale giamaicana di atletica leggera sta per essere praticamente smantellata. Considero il doping una legge non scritta del ciclismo, cioè "no doping, no vittorie". Accetto di andare a vedere uno spettacolo che si può anche definire fittizio, ma non tollero la falsità e la menzogna. Non accetto che i corridori, colti sul fatto (potremmo dire: con le mani nelle scatole dei farmaci), neghino l'evidenza, dando la colpa a chissà quale preparatore atletico, o a chissà quale bistecca contaminata o ancora al presunto integratore assunto per sbaglio. Non prendiamoci in giro, se un ciclista (o un qualsiasi altro sportivo) viene trovato positivo ai controlli antidoping, è bene che lo ammetta. C'è chi l'ha fatto, ha pagato, ed è tornato a vincere. Un esempio su tutti, Ivan Basso.

Ultima foto ricordo sul Ventoux. E un saluto, alla prossima tappa!

Il viaggio di ritorno è un calvario sotto tutti i punti di vista, ma rimarrà sempre un bel ricordo. Quando si è in compagnia, e la compagnia è ottima, la memoria del viaggio non può che essere positiva.
Ne accadono di ogni genere: mentre siamo ancora in cammino verso la macchina incontriamo la strada bloccata a causa di un incidente (notare: pochissimi tifosi italiani e di conseguenza nessuna polemica per la coda di quattro-cinque chilometri formatasi); in auto, un po' di rallentamenti prima e un incredibile temporale dopo, proprio nel tratto di strada più tortuoso. Si prosegue con una cena in un penoso autogrill francese (qui lo devo proprio dire: "Italians do it better!!!") che aumenta il mio livello di antipatia verso la popolazione transalpina in generale. All'autogrill non sono capaci a farti un caffè come si deve, lo devo prendere alla macchinetta: faceva letteralmente schifo e l'effetto è un bel twist nello stomaco, fino a casa. E poi, le solite fermate per far rilassare un altro stomaco, quello di Dado, sempre soggetto a strani movimenti quando i tornanti impazziscono.
Sono quasi le tre quando arrivo a casa. Non sono in grande forma, forse la condizione del momento non era che l'avvisaglia di ciò che mi aspettava di lì a pochi giorni. Ma ritorno ancora una volta dalla Francia con una grande gioia, anche stavolta la fatica è stata ripagata dalla solita grandissima festa che solo la Grande Boucle sa regalare a milioni di appassionati di ciclismo.
Buona serata a tutti!
Stefano

Nessun commento:

Posta un commento

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...