mercoledì 17 luglio 2013

Ultima puntata in Val Tovanella

Ciao a tutti!
Raramente credo di aver vissuto sensazioni in montagna come quelle dell'ultima e conclusiva tappa dell'Alta Via, dal Rifugio Casera di Bosconero a Longarone. Brividi puri ed energiche scariche di adrenalina, saranno il tema dell'ultimo post-racconto dell'Alta Via delle Dolomiti.
Si parte presto e con un briciolo di malinconia: è l'ultima tappa che va a chiudere una settimana stupenda. E saluto un luogo fantastico, per me sconosciuto fino ad allora, il Rifugio Casera di Bosconero. C'è anche, come dire, un pochino di commozione, quando saluto per l'ultima mattina Martin e Liz, i due escursionisti inglesi incontrati lungo l'Alta Via e che accompagnato e allietato le serate in rifugio, dal Vandelli fino al Casera di Bosconero. Di loro non avevo ancora parlato nel blog (se non sbaglio), ma presto rimedierò.

L'impressionante ghiaione che conduce alla Forcella de la Toanella, sotto l'altrettanto impressionante Sasso di Toanella

Il sentiero ricomincia nel bosco nel quale si era conclusa la sesta tappa (vedi post del 7 luglio 2013), subito in salita. Si deve risalire la Val Toanella, per poi infilarsi, una volta uscito dalla boscaglia, lungo un ripidissimo canalone ghiaioso stretto tra le pareti a strapiombo del Sasso di Bosconero e del Sasso di Toanella; quest'ultimo, fa veramente impressione. Ci cammini a fianco, e altrochè se ti senti piccolo... Sono circa settecento i metri di dislivello che separano il rifugio dal Forcella de la Toanella, posta a 2150 metri di quota. E sono tra i più duri dell'intero percorso, affrontare in salita un tipico ghiaione dolomitico è sempre impresa dura e faticosa, il piede tende sempre ad arretrare un po' una volta che lo scarpone affonda nella ghiaia. C'è fatica, ma c'è anche tanta sorpresa a salire questa "forcella": si scoprono nuovi scorci di Dolomiti, quelli dell'impressionante Sasso di Toanella e della Val di Zoldo. E c'è anche parecchia soddisfazione in cima: questa dovrebbe essere l'ultima vera salita dell'Alta Via. Dopo, solo più saliscendi appena sotto le creste che separano Val di Zoldo e Val Tovanella. E invece non sarà così, non sarà tutto così facile, il bello deve ancora arrivare.

Lo spettacolare panorama dalla Forcella del Viaz de le Ponte


Si scende per un discreto tratto in Val Tovanella, un percorso nervoso che assomiglia molto a quello affrontato il giorno prima scendendo dalla Forcella de la Calada. Il sentiero è stretto, accompagnato dai numerosi baranci a bordo strada, e alterna discrete salite con lunghi tratti di discesa, sempre intorno alla quota di duemila metri. Poi, il tratto attrezzato, appena superata la Forcella del Viaz de le Ponte. Altrochè dieci metri di fune in ferro come ci ha indicato la sera prima la gestrice del rifugio. Questa è una vera e propria via ferrata! Il casco è appeso allo zaino e l'imbrago è in fondo ad esso. Che faccio? Mi attrezzo anch'io? No, proviamo così e inizio la discesa lungo questo canalino. Non è lungo dieci metri, col cavolo! Saranno almeno cinquanta... E lo zaino ingombrante non mi aiuta. Ma lo si supera, anche in maniera migliore rispetto a come l'avevo immaginato pochi minuti prima. A ripensarci, sarebbe stata una passeggiata di piacere fossi sceso con lo sguardo verso le rocce, sarebbe stato sicuramente più comodo. Va beh, esperienza per il futuro.
Ma non finisce qui: il cammino riprende deciso verso sud, verso Longarone. E trovo altri tre tratti attrezzati con funi. Ma non sono funi messe lì tanto per dare una mano a chi soffre di vertigini, sono basilari per la propria sopravvivenza. E il primo tratto beh... mi ha fatto veramente incazzare. Sia io che i miei compagni d'avventura inglesi chiedemmo alla gestrice del Rifugio Casera di Bosconero: "Ci sono tratti attrezzati dopo la Forcella del Viaz de le Ponte?", "C'è da fare un passo del gatto?". Risposta: "No, assolutamente!". Ed alla fine, eccolo lì, il passo del gatto. Provo a passare con lo zaino: niente, non ci passo. Non resta che l'estrema ratio.
Via lo zaino. Passo io. Tiro lo zaino. Rimetto lo zaino. Passo del gatto superato.

Passo del gatto: superato!


Finito? Naah. Altri tre tratti attrezzati con le funi di ferro. Alcuni di essi veramente complessi, specie vista l'esposizione e la difficoltà del sentiero. Ma li supero, anche quelli. Dopo tre tratti del genere, inizio a pensare alla conclusione della fatica. La cresta rocciosa che corre verso sud sembra abbassarsi. Dai, la fine è vicina. Anche il Bivacco Tovanella, che segnerebbe la fine del tratto difficile della tappa, non può essere lontano.
C'è solo più uno scollinamento da affrontare, la Porta de la Serra, a 2050 metri di quota. Io vado avanti, seguo le tracce ed entro in un grande circo di ghiaia, il Vant de la Serra. Inizio a perdere quota, tra il mio malumore: quota persa vuol dire anche quota da riguadagnare. Continuo a seguire le tracce, ma non salgo più. Ad un certo tratto vedo un segnavia biancorosso, il classico segnavia che si trova in montagna. Bene, sono sulla buona strada.
Invece no: compare un numero sul segnavia, il n°477. Che non è quello giusto, il n°482. Cazzo... Guardo la cartina: proprio così, sentiero sbagliato. Guardo l'altimetro, sono già anche bello lontano. Che fare? Tornare su, perdendo una bella oretta? O vado giù fino alla SP251 che collega Forno di Zoldo a Longarone? Non ci penso un attimo: opzione n°2! Via tra i boschi, tra i fitti boschi della Val Tovanella, fino ai Casoni, frazione di Forno di Zoldo. Un sentiero dapprima infastidente, talmente è nascosto nel bosco. Poi si apre, diventa una comoda carrozzabile fino alla provinciale.

Piccolo piccolo, sotto il Sasso di Toanella


Da lì mancano circa otto chilometri circa di strada. Avrei anche potuto farmeli a piedi, ma ormai questa non è più Alta Via, qui non c'è più nessuna montagna attorno, nessuna salita da conquistare, mi ritrovo su una provinciale. Vai con l'autostop, ancora una volta. E stavolta sono estremamente fortunato, al primo colpo si ferma un Nissan Qashqai che mi accompagna fino alle porte di Longarone, quanto basta per ridurre il tratto a piedi ad una manciata di minuti.
Sono quelli i minuti che, seppur non abbia seguito negli ultimi chilometri il tracciato irregolare, rimangono sempre i più intensi. La tristemente nota diga del Vajont appare verso est, e capisci che ci sei, che hai finito, che la fatica è conclusa e hai raggiunto il traguardo. Ancora una volta, qualcosa di grande è stato portato a termine.

La diga del Vajont sullo sfondo: Longarone è raggiunta


E per quest'estate è solo l'inizio. Pirenei, Austria... "Speriamo", dico. Ora, a poco più di una settimana dall'arrivo a Longarone, mi trovo in condizioni fisiche non eccelse, e non per l'Alta Via, ma per la bronchite che mi ha colpito ad inizio settimana. Ma prima di partire, c'è ancora molto da dire e da scrivere sull'Alta Via n.3 delle Dolomiti. Uno dei pochi buoni motivi, se vogliamo vedere positivo, per starsene a casa con il bel tempo.
A presto!
Stefano

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